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Pillole di informazione digitale

Segnalazioni di articoli su diritti digitali, software libero, open data, didattica, tecno-controllo, privacy, big data, AI, Machine learning...

L’ampia diffusione dell’Intelligenza Artificiale, che notoriamente consuma molta energia, sta mettendo sotto pressione la rete elettrica dell’Irlanda e ancor più seriamente sta mettendo in forse il ruolo di punta del paese come hub tecnologico d’elezione delle Big Tech Usa in Europa.

Lo scrive Politico.eu, aggiungendo che il problema energetico di Dublino potrebbe di fatto ridisegnare il panorama tecnologico del Vecchio Continente.

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Domanda di data center non sostenibile in Irlanda

Nel frattempo, il Ministero dell’ambiente, del clima e delle comunicazioni irlandese ha riconosciuto in una dichiarazione che “non tutta la domanda di sviluppo di data center può essere soddisfatta in modo sostenibile” nel breve termine. Mentre i giganti della tecnologia Amazon, Microsoft e Google iniettano miliardi nell’infrastruttura cloud europea che alimenta l’intelligenza artificiale, la disponibilità di energia (idealmente, economica e verde) potrebbe emergere come un criterio fondamentale per determinare le loro prossime destinazioni di investimento.

I data center, come tutti i grandi consumatori di energia, devono esistere entro i limiti della nostra legislazione e dei nostri obiettivi sul clima, così come della nostra sicurezza energetica”, hanno affermato, riecheggiando un avvertimento simile del ministro irlandese per il clima e l’ambiente Eamon Ryan in un’intervista al Financial Times.

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Puntata 5 di EM, prima del ciclo Estrattivismo dei dati, parliamo di IA nel costesto del consumo delle risorse e della guerra.

PRIMA PARTE - CONSUMO DI ENERGIA E DI RISORSE

  • Crescente domanda di energia dell'IT negli ultimi 20 anni, forte accelerazione causata dalla corsa all'intelligenza artificiale
  • L’espansione delle infrastrutture per AI, i data center, ha portato ad un aumento significativo delle emissioni di CO2
  • Impatto di tale aumento, della domanda insaziabile di energia, sugli obiettivi climatici. A partire dalle grandi aziende tecnologiche che oltre a causarlo, si trovano nella condizione di dover ridurre le emissioni (Google e Microsoft: target di e+missioni nette zero entro il 2030 – capire quanto sia vincolante, quanto siano trasparenti le verifiche…)
  • I data center, essenziali per l’addestramento e l’operatività dei modelli AI, consumano enormi quantità di energia, generando emissioni e richiedendo grandi quantità d'acqua. Con costi ambientali difficili da quantificare completamente. Vediamo qualche numero:
  • Una recente ricerca dell'Università della California di Riverside. Premessa: ogni richiesta su un LLM come ChatGpt passa attraverso uno dei milioni di server di cui l’azienda OpenAI dispone, e questo server esegue migliaia di calcoli per determinare le parole migliori da usare nella risposta, consumando energia e generando calore, calore che poi deve essere smaltito usando altra energia nei sistemi di raffreddamento

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Mercoledì 20 novembre a Roma, in Via della Dogana Vecchia 5, alle ore 18:00, la presentazione, organizzata dalla Scuola critica del digitale del CRS, del libro di Giovanna Sissa (il Mulino, 2024). Ne parlano con l’autrice Stefano Lotti, Maurizio (Graffio) Mazzoneschi, Alessandro Montebugnoli. Coordina Giulio De Petra.

Il mondo digitale è stato raccontato, e continua ad esserlo, come un universo libero da ogni vincolo materiale. Non è così. Il mondo digitale per esistere ha bisogno di cavi, circuiti, calcolatori sempre più potenti, memorie, sensori e dispositivi individuali della più varia natura. E tutto questo deve essere costruito, trasportato, alimentato, dismesso e smaltito.

La miniaturizzazione dei dispositivi e l’invisibilità di Internet e dei data center rendono difficile immaginare quanta energia sia necessaria per consentirne costruzione, uso e smaltimento. Ma è possibile dimostrare che l’universo digitale lascia un’impronta di carbonio significativa e crescente e che influisce sul riscaldamento globale.

L’utilizzo da parte delle aziende informatiche di “tecnologie rinnovabili” non risolve il problema. Nella produzione informatica infatti si è sempre considerato l’uso crescente di risorse fisiche come un dettaglio trascurabile considerando i costi decrescenti dell’hardware. È necessario invece tenere conto fin dalla progettazione di modalità di elaborazione capaci di ridurre le emissioni. Serve un’informatica che conosca, rispetti e risparmi le risorse computazionali che utilizza.

Tutte le informazioni sul sito del Centro Riforma della Stato

Una nuova ricerca segnala l'eccessivo consumo di acqua ed elettricità nei data center delle aziende proprietarie

Una bottiglia d'acqua per ogni email di 100 parole scritta da ChatGpt: questo il prezzo che deve pagare l'ambiente per il funzionamento corretto dei chatbot AI. A rivelarlo è un nuovo studio condotto dal Washington Post in collaborazione con i ricercatori dell'Università della California di Riverside, che hanno analizzato la quantità di risorse naturali che servono a ChatGpt per espletare le sue funzioni più elementari. “Ogni richiesta su ChatGpt passa attraverso un server che esegue migliaia di calcoli per determinare le parole migliori da usare nella risposta”, scrive il WP precisando che i server generano calore per eseguire i calcoli necessari.

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Le emissioni dei data center interni di Google, Microsoft, Meta e Apple potrebbero essere 7,62 volte superiori al calcolo ufficiale

Negli ultimi anni le big tech hanno fatto grandi dichiarazioni sulle emissioni di gas serra. Ma poiché l'ascesa dell'intelligenza artificiale crea richieste energetiche sempre maggiori, sta diventando difficile per l'industria nascondere i costi reali dei data center che alimentano la questa tecnologia.

Secondo un'analisi del Guardian, dal 2020 al 2022 le emissioni reali dei centri dati "interni" o di proprietà delle aziende di Google, Microsoft, Meta e Apple saranno probabilmente circa il 662% - o 7,62 volte - più alte di quanto dichiarato ufficialmente.

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Google vuole primeggiare nell’AI e aumenta consumi ed emissioni

Ci hanno raccontato che buona parte dei consumi energetici delle grandi aziende tecnologiche sono ormai soddisfatti da fonti energetiche rinnovabili e che comunque, per compensare l’impego sempre massiccio dei combustibili fossili, stanno aumentando anche l’utilizzo di tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale e rimuovere CO2.

È sicuramente un fatto, qualcosa sta accadendo, il problema è che la crescita esponenziale del traffico di dati internet globale e l’accelerazione dello sviluppo di sempre nuovi modelli di intelligenza artificiale (AI) spostano sempre in avanti l’asticella dei consumi energetici.

In sostanza, le rinnovabili non riescono a stare dietro alla domanda di energia di questi giganti. Secondo un articolo di qz.com, infatti, la stessa Google nel suo “Environmental Report 2024” ha ammesso che le sue emissioni di carbonio sono aumentate del 50% rispetto al 2019 e questo nonostante gli investimenti in fonti pulite.

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La fisica Giovanna Sissa chiarisce come l'universo digitale, in apparenza immateriale, mantenga un profondo legame fisico con la materia e generi un forte impatto in termini di emissioni di gas serra, consumi di energia e sfruttamento di risorse non rinnovabili

“È possibile una transizione digitale che sia anche ecologica?”. È da questo interrogativo che nascono le tesi esposte da Giovanna Sissa nel nuovo libro Le emissioni segrete, recentemente pubblicato da il Mulino. Insegnante di Sostenibilità ambientale dell’ICT al Dottorato di ricerca STIET dell’Università di Genova, Sissa sostiene che la risposta alla domanda di cui sopra, “può essere affermativa solo se impariamo a comprendere i costi ambientali dei sistemi digitali, intelligenti o meno, che permeano la vita contemporanea e quelli di ciò che ne consente il funzionamento: le infrastrutture di telecomunicazione e i data center”.
Secondo la studiosa, “la consuetudine con gli oggetti digitali ci rende insensibili al loro impatto in termini di emissioni di gas serra, consumi di energia elettrica, sfruttamento di risorse non rinnovabili e produzione di rifiuti elettronici, impronte che spesso restano ‘segrete’, invisibili ai nostri occhi, perché il settore digitale non si è mai preoccupato davvero di evitarle e ridurle”.

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È la prima volta che i ricercatori calcolano le emissioni di anidride carbonica causate dall’utilizzo di un modello di intelligenza artificiale per diversi compiti. OpenAI, Microsoft, Google… quando soluzioni AI più green?

Ogni volta che usiamo l’AI per generare un’immagine, scrivere un’e-mail o fare una domanda a un chatbot, ha un costo per il pianeta.

Infatti, generare un’immagine utilizzando un potente modello di intelligenza artificiale richiede tanta energia quanto caricare completamente il tuo smartphone, secondo lo studio dei ricercatori della startup di intelligenza artificiale Hugging Face e della Carnegie Mellon University.

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Ecco la classifica - con l'inserimenti di Big Tech al suo interno - dei Paesi che inquinano e consumano più energia al mondo

Una domanda che, sotto certi versi, può sembrare assurda ma che – di fatti – non lo è assolutamente. Basta dare una letta all’ultimo rapporto di Karma Metrix per rendersi conto che Big Tech (ovvero il gruppo delle maggiori aziende IT occidentali) consuma e inquina quanto uno stato sviluppato. La risposta a entrambe le domande – sulle emissioni di CO2 e sull’energia consumata per le proprie attività – la troviamo ben espressa nel documento, in grafici di vario tipo che aiutano a capire – a colpo d’occhio – il peso sul mondo di Big Tech in questi termini.

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Vera e propria rivoluzione, il digitale era la promessa di un mondo più verde: meno carta stampata e viaggi ridotti. Tuttavia questa dematerializzazione ha delle conseguenze e gli impatti ambientali sembrano ancora essere sconosciuti o ignorati dal grande pubblico.

In un momento in cui l’obsolescenza programmata sta aumentando la produzione di dispositivi elettronici e il volume di dati digitali generati dall’umanità sta esplodendo, come possiamo rendere l’inquinamento digitale un problema visibile, ma soprattutto come possiamo ridurre l’impronta del digitale nella crisi climatica?

Dal punto di vista del suo ciclo vitale, la fabbricazione di un oggetto elettronico necessita la produzione di componenti complessi che richiedono energia, trattamenti chimici, acqua, ma soprattutto una notevole quantità di metalli preziosi. Questa industria contribuisce al 76% dell’esaurimento delle risorse non rinnovabili in tutto il mondo[1], per non parlare delle discutibili pratiche di estrazione e delle condizioni di lavoro spesso deplorevoli.

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